L’isolamento a cappotto rappresenta una soluzione molto diffusa e vantaggiosa in termini di risparmio economico ed energetico da cui dipendono direttamente il benessere e il comfort interno, la resa degli impianti, le emissioni di gas serra, etc.

Scegliere il giusto cappotto termico equivale ad assicurare alte prestazioni di efficienza energetica a lungo termine, che consente di intervenire sulla preesistenza in modo poco invasivo: operando esclusivamente sulle pareti esterne, il cappotto non riduce le dimensioni degli ambienti interni e la loro vivibilità, pur garantendo la massima riduzione dei ponti termici e risolvendo problematiche legate all’umidità interstiziale delle pareti (e, quindi, ai fenomeni di condensa).

Non esiste una regola univoca di progettazione, bensì il professionista dovrà prendere in considerazione una serie di aspetti, tra cui la struttura morfologica e tecnologia dell’edificio, la zona climatica di appartenenza, valutando la fattibilità dell’intervento (in termini di ritorno economico e di miglioramento delle prestazioni energetiche), la compatibilità con la struttura esistente, lo spessore da realizzare e la tipologia di isolante da impiegare, il budget disponibile per l’intervento, etc. che orienteranno la scelta verso le esigenze specifiche caso per caso.

La scelta del materiale isolante rappresenta il punto di partenza di un buon progetto di efficientamento energetico. Le caratteristiche principali da prediligere per assicurare i giusti requisiti prestazionali sono:

  • durevolezza, cioè la capacità del materiale di contrastare la formazione di rotture e/o deformazioni sotto l’azione di determinate sollecitazioni (il fattore tempo, speso trascurato, rappresenta un elemento di interesse primario per la scelta del giusto materiale);
  • resistenza al fuoco, valutata secondo i principi di resistenza e reazione al fuoco, classificata dalla F (peggiore) alla A1 (migliore) secondo quanto indicato dalla norma UNI EN 13501-1/2009 (Classificazione al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione – Parte 1);
  • resistenza alle sollecitazioni termiche invernali e estive;
  • permeabilità al vapore acqueo o traspirabilità, ovvero la capacità del materiale di resistere al passaggio di vapore acqueo e, quindi, evitare fenomeni di condense superficiali e/o interstiziali e comparsa di muffe sulle pareti (più piccolo e il valore e maggiori saranno le prestazioni del materiale isolante);
  • conducibilità termica, cioè la capacità del materiale di “trattenere” il calore ed evitare dispersioni verso l’esterno (minore è il suo valore e maggiore sarà il potere isolante);
  • costo: la fattibilità tecnica non può trascendere da quella economica, infatti materiali molto prestazionali (e molto costosi) come l’aerogel vengono spesso impiegati per piccole porzioni dell’edificio.

È evidente che, in aggiunta ai sopra citati requisiti prestazionali, sarà cura del progettista prendere singolarmente in esame ogni caso e scegliere la combinazione di fattori migliore.

Non esiste, infatti, un materiale isolante che soddisfi contemporaneamente i parametri ecologici, prestazionali e che sia al contempo anche poco costoso. Infatti, solitamente, alcune caratteristiche si escludono a vicenda (come ad esempio le caratteristiche di porosità e impermeabilità).

Vi sono però alcuni aspetti da considerare che già in prima valutazione “indirizzano” sulla scelta: ad esempio su un vecchio edificio con problematiche di umidità di risalita non sarà davvero consigliabile optare per un isolante che abbia un alto valore di traspirabilità (come i pannelli in EPS, XPS, poliuretano, etc.), perché potrebbe addirittura aggravare il danno (volendo suggerire un paragone, sarebbe come avvolgere una spugna bagnata dentro un involucro di plastica non traspirante).

Esistono in commercio materiali naturali come la lana di pecora, oppure la fibra di legno, altamente compatibili con le tecnologie costruttive tradizionali (grazie alla loro caratteristica porosità, che li rende capaci di assorbire e rilasciare l’umidità della struttura) e facilmente reperibili sul mercato. Si prestano molto bene per installazioni di coperture (o pareti) ventilate, controsoffitti e pavimenti e sono completamente riutilizzabili (perché biodegradabili), per quanto siano svantaggiosi in termini di economia dell’intervento e facilità di posa in opera.

Un’altra macro-categoria riguarda la famiglia degli isolanti sintetici, largamente più diffusi della tipologia naturale, grazie alla loro facilità di posa in opera e alla possibilità di riutilizzo (salvo che non vengano accoppiati con altri materiali e che non abbiano residui di colla oppure di sporco in generale). Appartengono alla categoria le fibre di poliestere, polistirene espanso, poliuretano espanso, polietilene espanso. Nonostante il basso costo e la facilità di messa in opera e alle buone caratteristiche di inerzia termica (basti pensare che le prestazioni termiche di un cappotto da 10 cm in poliuretano equivalgono ad oltre 18 cm di cappotto realizzato in fibre di legno), risultano pericolosi in caso di incendi se non debitamente trattari con finitura ignifuga.

Gli isolanti di origine minerale, infine, sono completamente naturali (quindi biodegradabili e facilmente riutilizzabili) e rappresentano una valida soluzione per tutti quei casi in cui si è in presenza di umidità: resistenti all’attacco di microrganismi, batteri e muffe, garantiscono un buon isolamento termico di elementi verticali e orizzontali e la loro traspirabilità, per quanto rappresentano una soluzione tecnologica nient’affatto economica. Le tipologie maggiormente impiegate sono la lana di vetro, la lana di roccia, l’argilla espansa, la perlite espansa, la vermiculite e i feltri.

FONTI

 

NORMATIVA DI RIFERIMENTO

  • UNI EN 13501-1/2009 (Classificazione al fuoco dei prodotti e degli elementi da costruzione – Parte 1)